Recupero credito condominiale: inutilità della messa in mora al condòmino moroso.È quanto affermato dal Tribunale di Roma con la sentenza n. 2053 del 5 febbraio 2021, dando seguito ad un orientamento ormai consolidato anche nella giurisprudenza di legittimità (Cassazione Civile n. 21313/2017).Secondo l’orientamento giurisprudenziale maggioritario, pertanto, l’Amministratore di Condominio che agisce in giudizio per il recupero dei crediti condominiali, non è obbligato a inoltrare al condòmino moroso la previa diffida e messa in mora.L’Amministratore, inoltre, in adempimento del proprio mandato, può (anzi deve) agire – tempestivamente – per il recupero del credito, anche senza una delibera autorizzativa in tal senso.Per l’emissione del decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo, pertanto, sarà sufficiente l’approvazione del piano di ripartizione da parte dell’assemblea condominiale.Delegare, continuativamente, il processo di recupero crediti condominiali, ti consentirà di garantire la tempestività e circolarità dei pagamenti, ma, soprattutto, di adempiere ai tuoi doveri di Amministratore di Condominio ai sensi degli artt. 1129 e 1130 del codice civile.
L’amministratore di condominio, è cosa nota, può essere revocato in ogni tempo dall’assemblea condominiale.
Ove non ricorra una giusta causa che ho portato alla recisione anticipata del rapporto contrattuale di mandato, l’amministratore potrà ottenere il risarcimento del danno per la revoca prematura (si veda su tutte Cass. SS.UU. 29 ottobre 2004 n. 20957).
La revoca, è cosa nota a coloro i quali si occupano della materia condominiale, può essere disposta dall’Autorità giudiziaria su ricorso di ciascun condomino.
I casi di revoca giudiziale sono individuati (anche se non in via tassativa) dall’art. 1129, undicesimo e dodicesimo comma, c.c.
La revoca giudiziale, in alcuni dei casi indicati dalle norme succitate, deve essere preceduta da un tentativo di soluzione in sede assembleare. I casi sono i seguenti:
non ottemperanza all’obbligo di apertura e/o utilizzazione del conto corrente condominiale.
Prima dell’entrata in vigore della “riforma del condominio ” (la legge n. 220/2012) non erano propriamente chiari alcuni passaggi prettamente procedurali.
A chi deve essere notificato il ricorso e pedissequo decreto e di conseguenza chi deve partecipare all’udienza per la revoca?
Domande cui da chiara risposta il nuovo art. 64 delle disposizioni di attuazione del codice civile modificato dalla succitata legge n. 220 del 2012, che recita: «Sulla revoca dell’amministratore, nei casi indicati dall’undicesimo comma dell’articolo 1129 e dal quarto comma dell’articolo 1131 del codice, il tribunale provvede in camera di consiglio, con decreto motivato, sentito l’amministratore in contraddittorio con il ricorrente.
Contro il provvedimento del tribunale può essere proposto reclamo alla corte d’appello nel termine di dieci giorni dalla notificazione o dalla comunicazione.»
Sintesi: il procedimento giudiziale che s’instaura in seguito all’azione per revoca giudiziale vede coinvolto l’amministratore personalmente e non nella sua qualità, ossia non quale legale rappresentante. Ergo: il condominio non è parte del giudizio e non deve sostenere i costi inerenti all’avvocato difensore dell’amministratore.
Revoca giudiziale dell’amministratore di condomino, la procedura
In buona sostanza, questo indicato qui di seguito, è il procedimento da seguire per chiedere la revoca dell’amministratore per via giudiziale:
a1) se si rientra in uno dei casi di necessario preventivo passaggio assembleare, chiedere la convocazione dell’assemblea per decidere in merito (se la richiesta resta inevasa questo fatto è di per sé causa di revoca di via giudiziale)
a2) se il tentativo assembleare non è andato a buon fine o se non ve n’è bisogno, il condomino (anche senza necessaria assistenza di un avvocato, trattandosi di procedimento di volontaria giurisdizione) deve redigere un ricorso spiegandone i motivi ed allegando tutta la documentazione dalla quale è possibile evincere la ricorrenza del motivo della revoca;
b) depositato il ricorso e fissata l’udienza con decreto, il ricorrente deve far notificare, nei termini indicati dal decreto, il ricorso ed il decreto di fissazione dell’udienza all’amministratore;
c) presentarsi all’udienza e discutere;
d) eventuale reclamo da parte della parte che non ritiene giusto il provvedimento.
Revoca giudiziale dell’amministratore di condomino, i costi
Il costo del ricorso (allo stato attuale) è pari ad € 98,00 per contributo unificato, € 27,00 per bolli, ulteriori spese per bolli variabili in ragione del numero di fogli dei quali si compone l’atto di cui chiedere copia, più spese di notifica, anch’esse variabili in ragione della tipologia di notifica (es. a mani, urgente, ecc.) Si tratta di somme, quelle non espressamente indicate, ammontanti a qualche decina di euro.
E se ci si fa assistere da un avvocato ?
Nel caso di obbligatorio preventivo passaggio assembleare, “il ricorrente, per le spese legali, ha titolo alla rivalsa nei confronti del condominio, che a sua volta può rivalersi nei confronti dell’amministratore revocato” (art. 1129, undicesimo comma, c.c.).
Nel caso di ricorso diretto si potrà chiedere la condanna dell’amministratore. Infatti, pur trattandosi di ricorso in volontaria giurisdizione, gli interessi contrapposti lo devono far considerare simile ad un ricorso contenzioso vero e proprio, con possibile addebito delle spese legali (cfr. in tal senso Cass. SS.UU. del 29 ottobre 2004 n. 20957).
L’assistenza dell’avvocato, quindi, è facoltativa? Sul punto la giurisprudenza non è univoca rintracciandosi sentenze di merito (es. Trib. Modena 22 febbraio 2016) che rispondono negativamente (cioè per la obbligatorietà) ed altre di legittimità che affermano la facoltatività (Cass. n. 15706/2017)
Revoca giudiziale dell’amministratore di condomino, c’è bisogno di attivare una procedura di mediazione?
Con un proprio provvedimento del 24 febbraio 2015, il Tribunale di Padova affermò che per combinato disposto degli artt. 71 quater e 64 disp. att. c.c., la controversia avente ad oggetto la revoca giudiziale dell’amministratore di condominio rientra tra quelle soggette all’obbligo della mediazione ai sensi del D.Lgs. n. 28/2010.
Una decisione che strideva col contenuto dell’art. 5 del d.lgs n. 28/2010 che esentava dall’obbligo in esame le procedure in camera di consiglio, procedure tra le quali va annoverato il ricorso per revoca dell’amministratore giudiziale.
Una serie di successivi provvedimenti giudiziali hanno escluso che l’azione volta alla revoca giudiziale dell’amministratore di condomino sia soggetta all’esperimento del tentativo obbligatorio di mediazione.
In linea di principio l’amministratore di condominio può utilizzare il danaro condominiale solo previa autorizzazione dell’assemblea. Nel caso in cui occorra eseguire dei lavori di manutenzione straordinaria urgenti, l’amministratore deve intervenire nell’ immediatezza e, successivamente, chiedere la ratifica della spesa alla prima assemblea successiva. Se l’assemblea si rifiuta di ratificare la spesa non rimane altra via che quella di chiedere al giudice di voler accertare che si è trattato di un intervento urgente, effettuato nell’ interesse del condominio e, quindi, di voler ordinare al condominio recalcitrante di procedere al rimborso. Infine, se l’amministratore autorizza una spesa nell’ interesse concreto del condominio senza che vi sia urgenza, in assenza di regole precise, occorrerà far ricorso al buon senso certamente non si può pretendere che l’amministratore convochi un’assemblea straordinaria se deve decidere una spesa di poche decine di euro.
Il condominio non nasce per effetto di un formale atto di costituzione ma è sufficiente che in un edificio vi siano, da un lato, una separazione delle proprietà delle distinte unità immobiliari che lo compongono e, dall’altro, la presenza di parti aventi la funzione di servire all’uso e al godimento delle parti di proprietà esclusiva.
Dal punto di vista giuridico, per effetto della prima compravendita o assegnazione, sorge una presunzione legale di comunione indivisa di quei beni, impianti e servizi del fabbricato che, per ubicazione e struttura siano, in tale momento, destinati all’uso comune ovvero a soddisfare esigenze generali e fondamentali del condominio stesso.
Tutto questo, salvo che dal primo rogito o dal primo regolamento contrattuale non risulti una chiara ed inequivoca volontà di riservare esclusivamente ad un condomino la proprietà di suddette parti.
Con la riforma del 2012, tra le altre cose, si è recepita una nozione di condominio non più limitata soltanto ad edifici a sviluppo verticale ma aperta a ricomprendere sotto di sé anche complessi edilizi sviluppati orizzontalmente, come le villette a schiera.
È opportuno chiarire subito che non esiste un obbligo per il condominio ad assicurarsi per i rischi di cui può essere responsabile, tuttavia difficilmente un condominio, soprattutto se è amministrato da un professionista, decida di sottrarsi a una copertura assicurativa.
Sul mercato esistono diverse tipologie di polizze in grado di fornire ottimi prodotti assicurativi appositamente pensati per il condominio, una delle quali è definita globale fabbricati. La parola globale, peraltro, presuppone una copertura totale ma non sempre è così e pertanto è opportuno fare attenzione al prodotto che si sceglie e alla solidità della compagnia assicuratrice.
Per essere efficace una polizza condominiale deve contenere, almeno, la copertura di:
responsabilità civile verso terzi, con un importo adeguato a coprire un sinistro anche penalmente rilevante, ricordando che i condomini sono terzi fra loro;
perimento totale o parziale dell’edificio con ricostruzione al nuovo, facendo molta attenzione al valore assicurato, che dev’essere adeguato;
ricerca e ripristino di perdite occulte, anche interrate;
danni da spargimento di acqua condotta e da occlusione;
danni da eventi atmosferici, sovraccarico neve, trombe d’aria;
danni da fenomeni elettrici, incendio da corto circuito, sovratensioni, scoppio e danni da fulmine su parti elettroniche, centraline cancelli, caldaia condominiale;
atti vandalici e responsabilità da conduzione.
Infine, occorre tenere presente che in alcune tipologie di sinistro i terzi danneggiati sono sempre risarcibili, mentre i danni subiti da chi ha danneggiato vanno valutati caso per caso. I danni da eventi accidentali, invece, sono sempre risarcibili.
🛑 I 3 disastri ricorrenti di chi si amministra da solo 🛑 Certo, l’amministratore di condominio non è sempre obbligatorio per legge. Se per esempio in un condominio i proprietari di appartamenti sono fino a otto, possono decidere di gestire in autonomia il proprio stabile. ⚠️ Attenzione però. ⚠️
➡️ Ci sono parecchie insidie che si nascondono nella gestione condominiale: 1) Gli adempimenti fiscali (modello 770, dichiarazioni detrazioni fiscali in caso di straordinaria manutenzione, versamento delle ritenute d’acconto in qualità di sostituto d’imposta, ecc.) 2) Gli obblighi legislativi relativi alla manutenzione degli impianti e parti comuni (bisogna sapere quando va verificato un ascensore, l’impianto elettrico, i cancelli, le basculanti… o quando è necessario il certificato di Prevenzione Incendi) 3) Di quali detrazioni fiscali si può usufruire per lavori di manutenzione ordinaria o straordinaria 4) La gestione trasparente del conto corrente condominiale (che passa dalla rendicontazione delle spese, dalla riscossione delle quote condominiali, dai pagamenti delle bollette, dalla definizione delle rate fino alla gestione del problema della morosità)
❌ Queste insidie, complesse anche per un professionista che fa di mestiere questo di lavoro, spesso si traducono in 3 disastri annunciati, molto diffusi nei condomini senza un amministratore “di ruolo”: 1) Dispute legali per una gestione “poco chiara” dei soldi del condominio 2) Multe e spese aggiuntive per una gestione inefficiente degli adempimenti fiscali e una mancata conoscenza delle detrazioni fiscali 3) Cause a livello civile, amministrativo e anche penale per inadempimento agli obblighi legislativi 😱
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Fra le diverse cause di cessazione dell’incarico dell’amministratore il Codice civile prevede, tra le altre, le dimissioni e la revoca. Nel primo caso è l’amministratore a rinunciare all’incarico e, in tal caso, deve convocare l’assemblea con al primo punto dell’ordine del giorno «Dimissioni dell’amministratore. Nomina del nuovo amministratore». Le dimissioni vengono verbalizzate in assemblea e l’amministratore si considera cessato, con la conseguenza che perde tutti suoi poteri di gestione, deve consegnare la documentazione condominiale in suo possesso e mantiene solo l’obbligo di provvedere agli atti urgenti per evitare danni al condominio, ma senza ulteriori compensi. Più articolato è il sistema della revoca che, però, può essere deliberata in ogni momento dell’assemblea (salvo l’obbligo di risarcire il danno in assenza di giusta causa) per svariati motivi tra cui ricordiamo: – irregolarità fiscali commesse dall’amministratore – mancata apertura del c/c condominiale La convocazione dell’assemblea per la revoca può essere chiesta all’amministratore da ciascun condomino e se questi non si decide a convocarla, in analogia con quanto previsto per casi consimili, possono farlo direttamente i condòmini; salvo che preferiscano chiedere l’intervento del tribunale. Nel caso in cui, poi, l’assemblea non deliberi nel senso della revoca, l’interessato può anche qui rivolgersi all’autorità giudiziaria che, ove riconosca l’esistenza dei presupposti, revoca l’amministratore. La disciplina della revoca, infine, prevede alcune ipotesi eccezionali al verificarsi delle quali questa può essere chiesta direttamente all’autorità giudiziaria senza passare dall’assemblea e sulle quali il giudice opererà le opportune valutazioni: – mancata informativa dell’amministratore al condominio delle liti che vanno oltre la sua competenza; – mancata presentazione del rendiconto – commissione di gravi irregolarità
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