Il regolamento di condominio, può sancire il divieto di stendere i panni sui balconi. La clausola che dispone in tal senso, però, deve avere natura contrattuale, ossia deve essere accettata da tutti i condomini. Nel caso in cui questa clausola non vi sia (o vi sia ma non abbia valore giuridico), il problema si pone eccome, soprattutto in considerazione dello stillicidio che si può creare a danno delle abitazioni sottostanti. A fronte di una simile condotta, infatti, si può arrivare a prospettare una responsabilità in sede sia civile, sia penale, per il soggetto che ha steso i panni. Per quanto concerne l’ambito penale, si sottolinea comunque che, per integrare la fattispecie di reato, non può trattarsi di atteggiamento occasionale ma deve essere continuo o comunque reiterato. Sull’aspetto civile, invece, è stato affermato in giurisprudenza come l’attività materiale posta in essere debba avere, tra le altre cose, un congruo ed apprezzabile contenuto di disturbo. Di diverso avviso è risultata, invece, la giurisprudenza rispetto alla eventuale diminuzione del decorso architettonico dell’edificio, il quale è stato totalmente escluso. In particolare ha ritenuto che non si possa parlare di lesione del decoro perché lo stendere i panni costituisce attività saltuaria che non comporta alcuna modifica stabile alle linee architettoniche, vista anche la temporaneità e la facile rimovibilità dell’opera.
In tema di ripartizione di spese condominiali, il codice civile prevede che quelle necessarie per la conservazione ed il godimento delle parti comuni dell’edificio sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, salvo diversa convenzione. La stessa norma prevede anche che se le cose sono destinate a servire i condomini in misura diversa, le spese sono ripartite in proporzione all’uso che ciascuno può farne.
Ci sono situazioni, però, nelle quali non è semplice stabilire se un bene sia privato o comune e quella dei balconi è proprio una di queste in quanto la legge non li annovera né tra i beni comuni, né tra quelli privati. Conseguentemente, in assenza di specifiche statuizioni da parte del regolamento condominiale, si rende necessario adottare una distinzione tra due differenti tipologie di balconi:
Gli aggettanti sono quei balconi che sporgono dalla struttura dell’edificio e costituiscono un prolungamento dell’appartamento. Per questi, di norma, le spese di manutenzione ordinaria e straordinaria sono interamente a carico del proprietario dell’alloggio. Se, però, occorre tinteggiare o ritoccare eventuali elementi decorativi esterni, questa spesa va ripartita fra tutti i condomini, in base ai millesimi di proprietà in quanto inerente a un bene comune a tutto il condominio e contribuiscono a renderlo esteticamente più gradevole.
Gli incassati, invece, sono inseriti nel corpo dello stabile e sono solitamente chiusi su due o tre lati, formando una sorta di rientranza nella facciata. In questo caso, ringhiera e parapetto sono considerati a tutti gli effetti elementi della facciata, con la conseguenza che le loro spese di manutenzione vanno ripartite tra tutti i condomini. Nell’ipotesi in cui le spese riguardino la soletta, queste vanno ripartite in parti uguali tra i due proprietari dei due piani l’uno all’altro sovrastanti, restando a carico del proprietario del piano superiore la copertura del pavimento e a carico del proprietario del piano inferiore l’intonaco, la tinta e la decorazione del soffitto.
A differenza di quanto sostenuto per i balconi, i portoni condominiali rientrano nell’elenco legislativo dei beni comuni e quindi le spese di manutenzione vanno ripartite tra tutti i condomini in proporzione ai millesimi di proprietà. Questa conseguenza logico-giuridica è stata confermata dalla Cassazione in una risalente ma assai importante sentenza con la quale ha messo un punto alle obiezioni che erano state avanzate in relazione alla disposizione legislativa sopracitata sui beni suscettibili di un differente grado di utilizzazione, stabilendo che i portoni d’ingresso devono essere considerati a tutti gli effetti beni comuni, indipendentemente dal loro utilizzo.
Infine, va ricordato che (almeno) un elemento che accomuna i balconi ai portoni esiste e consiste nel necessario via libera preventivo dell’assemblea per l’effettuazione dei lavori della cui divisione dei costi si è fin qui parlato che deve essere concesso dalla maggioranza degli intervenuti rappresentanti almeno la metà del valore dell’edificio.
In caso di urgenza e di possibile pregiudizio alla sicurezza dei condomini derivante da ritardo, comunque, permane in capo all’amministratore il potere di autorizzare il compimento di lavori senza il previo assenso dell’assemblea.
Le verande, al pari dei balconi, si presumono beni di proprietà esclusiva ma, in alcune loro parti, possono essere considerate beni comuni.
In particolare, qualora il prospetto interno alla veranda sia chiaramente visibile dall’ esterno, assolvendo anche ad una funzione estetica legata al decoro architettonico generale del fabbricato, eventuali spese dovranno essere ripartite in base ad un criterio di utilità, bilanciando gli interessi (prevalenti) del proprietario, con gli interessi (minoritari) del resto dei condomini.
Nell’ eventualità in cui, invece, le spese riguardino i rivestimenti e gli elementi decorativi della parte frontale, nonché la parte inferiore, le relative spese dovranno essere ripartite tra tutti i condomini come succede per qualsiasi altro bene comune.
In tutti gli altri casi, infine, le spese resteranno unicamente in capo al proprietario del bene.
Con riferimento ai permessi di costruzione che potrebbero essere richiesti per poter procedere all’installazione di una veranda, anche nel caso in cui questi non siano previsti, è comunque necessario osservare le disposizioni di legge concernenti i controlli preventivi previsti a tutela della sicurezza delle costruzioni.
Ciò che rileva per poter determinare se la chiusura di un balcone debba essere autorizzata dal permesso di costruire è la sua eventuale precarietà.
Inoltre, nel caso in cui un condomino decida di realizzare una veranda, sarà necessario che vi sia il previo consenso degli altri condomini.
Gli atti di conservazione sulla cosa comune a fronte di opere costruite abusivamente (perché non in regola con le distanze legali o perché antiestetiche), potranno essere chiesti al giudice anche da parte dell’amministratore senza una previa deliberazione dell’assemblea condominiale.
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