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“I rappresentanti nel supercondominio”

L’articolo 67 delle disposizioni per l’attuazione del codice civile prevede che, nel supercondominio, in alcune specifiche ipotesi ogni condominio è tenuto obbligatoriamente a designare un rappresentante di palazzina, al quale affidare la propria rappresentanza per la gestione ordinaria delle parti comuni ai diversi condominii e per la nomina dell’amministratore.
In particolare, tale obbligo scatta nel caso in cui i partecipanti siano, complessivamente, più di sessanta. Al di sotto di tale soglia, la nomina del rappresentante di palazzina non è obbligatoria ma può comunque essere fatta.
Si precisa che, ai fini del computo dei sessanta partecipanti, i comproprietari sono considerati come un solo condomino.
La nomina del rappresentante di palazzina va fatta dal SINGOLO condominio con il voto favorevole di un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno i due terzi del valore dell’edificio.

Se l’assemblea non vi provvede ma la nomina è obbligatoria, ciascuno dei rappresentanti già nominati può ricorrere all’autorità giudiziaria, previa diffida a rimediare entro un termine “congruo”.
La scelta del rappresentante non deve ricadere necessariamente su un condomino, ben potendo essere designato un soggetto esterno al condominio.
Il codice non ha specificato nulla sulla durata dell’incarico, sulla sua retribuzione, sulla revoca e sulla conferma, con ciò determinando una pericolosa lacuna legislativa.
Sebbene non manchino interpretazioni di segno opposto, deve ritenersi che la sua nomina non debba essere circoscritta a una sola assemblea né sottoposta a limiti di tempo: per una più snella e agile gestione del supercondominio, il rappresentante resta tale fino a che non venga sostituito.
Resta comunque possibile la revoca in ogni tempo, senza la necessità che si verifichino particolari condizioni.
L’unica limitazione soggettiva , desumibile dalla ratio della norma è questa : non può essere rappresentante l’amministratore. A dirlo è lo stesso art. 67 disp.att.c.c., laddove afferma che “All’amministratore non possono essere conferite deleghe per la partecipazione a qualunque assemblea”.
Il rappresentante “di palazzina” ha pieni poteri, in quanto l’articolo 67 delle disposizioni per l’attuazione del codice civile stabilisce espressamente che “Ogni limite o condizione al potere di rappresentanza si considera non apposto”.
In ogni caso, egli deve comunicare l’ordine del giorno e le decisioni assunte dall’assemblea dei rappresentanti dei condominii all’amministratore di condominio, il quale ne riferisce in assemblea, e risponde con le regole del mandato.
Circa i poteri dei rappresentanti di palazzina nel supercondominio, un particolare ruolo chiarificatore è stato assunto da alcune pronunce giurisprudenziali, che hanno chiarito che la delibera con la quale i rappresentanti revochino l’amministratore di supercondominio deve ritenersi affetta da radicale nullità (Tribunale di Milano n. 9844/2016).
Del resto, si tratta di una materia estranea alle attribuzioni istituzionali del rappresentante, che la legge limita espressamente alla gestione ordinaria delle parti comuni e alla nomina dell’amministratore, senza che sia possibile un’applicazione analogica (Corte d’appello di Milano n. 2321/2018).
Sono inoltre importanti alcune precisazioni stabilite dal codice :
Sulla nomina :
1 – Qualora alcuni dei condominii interessati non abbiano nominato il proprio rappresentante, l’autorità giudiziaria provvede alla nomina su ricorso anche di uno solo dei rappresentanti già nominati, previa diffida a provvedervi entro un congruo termine. La diffida ed il ricorso all’autorità giudiziaria sono notificati al condominio cui si riferiscono in persona dell’amministratore o, in mancanza, a tutti i condomini.
Il procedimento applicabile è quello tipico della volontaria giurisdizione.
2 – Ogni limite o condizione al potere di rappresentanza si considera non apposto. Il rappresentante risponde con le regole del mandato e comunica tempestivamente all’amministratore di ciascun condominio l’ordine del giorno e le decisioni assunte dall’assemblea dei rappresentanti dei condominii. L’amministratore riferisce in assemblea.

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“Attività ricettive in condominio”

Le locazioni brevi

In termini generali, affittare per brevi periodi una camera o un appartamento in condominio non comporta alcun cambiamento della destinazione d’uso residenziale dell’immobile. Peraltro, la legge non specifica come il singolo condomino debba utilizzare la propria unità immobiliare, anche se è noto che l’utilizzo delle proprietà esclusive può incontrare limiti interni al condominio. Sulla scorta di tali considerazioni, ogni condomino può legittimamente ospitare persone a pagamento nei propri alloggi, senza la necessità di chiedere l’autorizzazione all’assemblea condominiale, in quanto trattasi di attività che, di per sé, non arreca pregiudizio agli altri condomini, purché ciò non rechi pregiudizio al diritto degli altri condomini sulle parti comuni.

L’unico limite agli affitti brevi o ad altri contratti di questo tipo può essere rappresentato da un divieto contenuto nel regolamento di condominio di natura contrattuale, adottato ed accettato con accordo unanime dei condomini che, quindi, può prevedere divieti e limitazioni alle destinazioni d’uso dei singoli appartamenti e ai modi di godimento della proprietà esclusiva dei singoli condomini. Tali divieti e/o limitazioni, tuttavia devono essere previsti in maniera chiara ed espressa nel regolamento, e le relative clausole regolamentari non possono essere interpretate in via estensiva o analogia o comunque in maniera diversa dal loro significato strettamente letterale. In proposito, peraltro, si è stabilito che neanche la legge regionale in materia urbanistica o in generale amministrativa, può incidere sui rapporti e sugli obblighi che assumono reciprocamente i condomini.
In caso di inosservanza di quanto stabilito dal regolamento condominiale o dalla legge riguardo gli usi consentiti degli immobili in proprietà esclusiva, il proprietario sarà responsabile e dovrà rispondere della violazione. Questa responsabilità, però, non grava soltanto in capo al proprietario ma anche in capo al conduttore e, conseguentemente, il condominio, nella persona dell’amministratore, può rivolgersi direttamente a quest’ultimo per far cessare la destinazione abusiva dell’immobile locato ed i comportamenti assunti in violazione delle clausole limitative del regolamento condominiale.

Detto questo, comunque, ripetiamo che il soggetto primario obbligato al rispetto delle norme regolamentari resta pur sempre il condomino, che è tenuto a controllare l’operato del suo inquilino in merito all’uso ed al godimento dei beni e dei servizi condominiali.

  • Adempimenti burocratici

In linea generale il condomino che ospita delle persone per brevi periodi non ha nulla da segnalare, anche perché non esiste una norma giuridica che imponga un divieto di ospitalità, né tantomeno il condomino-locatore potrebbe inserire una clausola nel contratto di locazione, con il suo inquilino, tesa ad imporgli il divieto di subaffittare l’immobile o il divieto ad ospitare persone estranee al nucleo familiare anagrafico dello stesso inquilino, perché qualora lo facesse tale clausola sarebbe da intendersi nulla (Cass. n. 14343/2009). Attenzione però, perché chi stipula il contratto di locazione breve, anche attraverso un portale web, deve obbligatoriamente acquisire i dati degli inquilini e, come detto, comunicarli entro 24 ore dall’arrivo dell’ospite alla Questura competente per territorio.

Tutto ciò considerato, per tutelare la sicurezza della comunità condominiale, nulla impedisce all’amministratore, che deve aggiornare il registro di anagrafe condominiale, di richiedere al condomino-locatore i dati degli affittuari, con contratto di locazione breve, e degli eventuali ulteriori ospiti abituali, procedendo, in caso di diniego, ad informare direttamente la Questura, per effettuare le necessarie verifiche presso il proprietario controllando se siano stati adempiuti gli obblighi di comunicazione di cessione dell’immobile.

  • B&B ed assimilati

Precisiamo subito che questo tipo di attività, di per sé, non è vietata e, in termini generali, è consentita anche senza la preventiva autorizzazione dell’assemblea condominiale, perché attiene all’uso e al godimento della proprietà esclusive.

Ciò non significa però che sia esente da limiti: ricordiamo, tra tutte, le norme che regolano l’utilizzo dei beni in proprietà condominiale. Queste costituiscono senza dubbio un limite che il condominio titolare delle attività ricettive deve sempre rispettare; tuttavia, la loro violazione va valutata ed accertata caso per caso, verificando se in concreto l’attività ricettiva del singolo proprietario reca pregiudizi o limitazioni ai diritti degli altri condomini.

Capita spesso che l’attività ricettiva venga svolta da una società o impresa titolare utilizzando appartamenti presi affitto all’interno di edifici condominiali. In questo caso, il proprietario delle unità immobiliari rimane comunque responsabile nei confronti degli altri condomini per eventuali violazione delle “regole condominiali”.

  • I regolamenti condominiali

Quasi tutti i regolamenti condominiali contengono delle apposite clausole che prevedono limitazioni, se non addirittura dei divieti assoluti, relativi proprio all’esercizio di attività ricettive negli stabili condominiali. Tali divieti, per essere validamente opponibili ai singoli proprietari, devono essere previsti in un regolamento (o, meglio, in apposite clausole del regolamento) di natura contrattuale. Solo con l’accordo di tutti i proprietari, infatti, è possibile restringere i poteri e le facoltà dei singoli condomini sulle proprietà esclusive o comuni, destinate ad avere effetti (con la registrazione del regolamento nei registri immobiliari) anche per i futuri acquirenti. Ricordiamo, inoltre, che eventuali divieti e/o limitazioni contenuti nel regolamento sono di stretta interpretazione e non possono essere interpretati in via estensiva o analogia o comunque in maniera diversa dal loro significato letterale dal momento che incidono sul libero esercizio della proprietà esclusiva. Limitazioni alla proprietà esclusiva vanno espresse in maniera chiara, con indicazione specifica delle attività vietate. Se i divieti previsti nel regolamento sono troppo generici, vanno interpretati in maniera restrittiva e, comunque, a favore del singolo proprietario.

Pur tuttavia, tutte queste restrizioni, per quanto difficile possa essere, non sono insuperabili.  A tal fine, però, l’unica via praticabile è quella di trovare un accordo con tutti i proprietari dell’edificio condominiale, che appunto acconsentano all’esercizio dell’attività vietata. A tal fine, però, occorre un vero e proprio “contratto” con cui tutti i proprietari, in deroga al regolamento, acconsentano all’esercizio dell’attività.

  • Adempimenti e requisiti

Per aprire un B&B occorre presentare una SCIA allo sportello SUAP del comune. Una volta presentata la SCIA l’attività può essere immediatamente avviata, con l’Amministrazione che avrà 60 giorni di tempo per verificare la sussistenza di tutti i presupposti richiesti e dichiarati.
La documentazione necessaria varia da Comune a Comune.
Certamente, anche i B&B, come tutte le strutture ricettive, devono comunicare alle autorità locali di pubblica sicurezza le generalità degli ospiti; pertanto, occorrerà aprire la pratica presso il locale ufficio del turismo per la classificazione della struttura e il monitoraggio degli ospiti.
La partita IVA non è sempre necessaria.

  • Il Condhotel

La figura del “condhotel” individua un istituto di natura ibrida, nato negli ordinamenti statunitensi con la funzione di potenziamento del turismo e, più specificatamente, di riqualificazione degli esercizi alberghieri. Con tale espressione si fa riferimento – negli ordinamenti di provenienza – a quel fenomeno giuridico in virtù del quale taluni edifici legalmente costituiscono un condominio, ma in concreto vengono gestiti come alberghi, in quanto ne offrono le prestazioni tipiche, alloggio e servizi strumentali ad esso collegati: room service, help desk, pulizia giornaliera, ecc.

A tal proposito, ricordiamo che il condominio si costituisce in seguito alla semplice coesistenza nello stesso edificio di più proprietà solitarie e, ad un tempo, di più cose, servizi ed impianti destinati all’uso comune, essendo a questo fine irrilevante la destinazione d’uso dell’edificio dettata dalle norme urbanistiche. Pertanto, quando l’unico proprietario dell’edificio vende la prima stanza-appartamento e una quota delle parti comuni nasce un condominio-condhotel e dovrà trovare applicazione la relativa disciplina, con la conseguenza che si dovrà convocare un’assemblea, nominare un amministratore (se i condomini sono superiori ad otto), redigere un regolamento e relative tabelle (se i condomini sono superiori a dieci).

Nella pratica, il proprietario di una struttura alberghiera, con l’intento di venderli a privati, può decidere di trasformare in appartamenti con cucina una porzione della struttura esistente (fino ad un massimo del 40% della superficie netta destinata alle camere destinate alla ricettività) oppure aggregare all’albergo un certo numero di unità immobiliari (ad esempio villette) ubicate nelle immediate vicinanze.

A sua volta, del bene alienato l’acquirente potrà disporre in diversi modi: potrà utilizzare il locale in via esclusiva, come residenza estiva, con la possibilità di fruire delle prestazioni alberghiere durante il soggiorno; potrà anche scegliere, nei periodi di non utilizzo, di locarlo a terzi, dando incarico alla struttura alberghiera di gestire la locazione e dividendo il ricavato.

Inoltre, gli appartamenti destinati ad essere compresi nel condhotel potessero essere ubicati in edifici posti nel medesimo Comune e devono essere posti a distanza non superiore a duecento metri dal locale di ricevimento degli ospiti.

  • Ambito di applicazione e condizioni di esercizio

Le norme sopracitate si applicano agli esercizi alberghieri esistenti che rispettano le condizioni di esercizio. In altre parole, le norme riguardano solo gli alberghi esistenti già autorizzati all’esercizio dell’attività alberghiera. Questo vuol dire che la struttura ricettiva non può nascere come condhotel, ma l’immobile può diventare condhotel se ha la destinazione alberghiera e rispetta le condizioni di esercizio prevista dalla normativa.

In particolare, i condhotel rispondono alle seguenti condizioni di esercizio che devono svolgersi con modalità compatibili con la gestione unitaria della struttura in cui gli stessi sono ubicati:

  1. presenza di almeno sette camere, al netto delle unità abitative ad uso residenziale, all’esito dell’intervento di riqualificazione di cui all’articolo 3, comma 1, lettera e), del presente decreto, ubicati in una o più unità immobiliari inserite in un contesto unitario, collocate nel medesimo comune, e aventi una distanza non superiore a 200 metri lineari dall’edificio alberghiero sede del ricevimento, fermo restando il requisito di cui alla lettera c);
  2. rispetto della percentuale massima della superficie netta delle unità abitative ad uso residenziale pari al quaranta per cento del totale della superficie netta destinata alle camere;
  3. presenza di portineria unica per tutti coloro che usufruiscono del condhotel, sia in qualità di ospiti dell’esercizio alberghiero che di proprietari delle unità abitative a uso residenziale, con la possibilità di prevedere un ingresso specifico e separato ad uso esclusivo di dipendenti e fornitori;
  4. gestione unitaria e integrata dei servizi del condhotel e delle camere, delle suites e delle unità abitative arredate destinate alla ricettività e delle unità abitative ad uso residenziale, di cui all’articolo 5 del DPCM, per la durata specificata nel contratto di trasferimento delle unità abitative ad uso residenziale e comunque non inferiore a dieci anni dall’avvio dell’esercizio del condhotel;
  5. esecuzione di un intervento di riqualificazione, all’esito del quale venga riconosciuta all’esercizio alberghiero una classificazione minima di tre stelle;
  1. rispetto della normativa vigente in materia di agibilità per le unità abitative ad uso residenziale, ai sensi dell’art. 24 DPR n. 380/2001.

I servizi, per le unità abitative a destinazione residenziale devono, comunque, essere erogati per un numero di anni non inferiore a dieci dall’avvio dell’esercizio del condhotel, fatti salvi i casi di cessazione per cause di forza maggiore indipendenti dalla volontà dell’esercente. La violazione dell’obbligo di cui al primo periodo configura, al momento della cessazione anticipata della prestazione dei servizi, un mutamento non consentito della destinazione d’uso dell’immobile.

In ogni caso, devono essere rispettate quelle esigenze di sicurezza proprie delle strutture alberghiere, con la conseguenza che anche nei condhotel si rende necessario effettuare verifiche sugli arrivi e le presenze degli ospiti, con esclusioni dei proprietari delle unità private e loro familiari. Il gestore unico del condhotel deve provvedere all’identificazione degli ospiti ed alla comunicazione alla Questura competente, nonché ad adempiere agli obblighi relativi alle comunicazioni a fini statistici delle presenze turistiche.

  • Il gestore unico

Il gestore unico è il soggetto responsabile della gestione unitaria dell’esercizio alberghiero, da intendersi come l’attività concernente la fornitura di alloggio, servizi accessori ed eventualmente vitto, riferibile ad un condhotel, sia per le camere destinate alla ricettività che, in forma integrata e complementare, per le unità abitative a destinazione residenziale, dotate di servizio autonomo di cucina.

  • Obblighi del proprietario dell’unità abitativa

Il proprietario dell’unità abitativa ad uso residenziale ubicata in un condhotel si impegna a rispettare le modalità di conduzione del condhotel, a garantire l’omogeneità estetica dell’immobile in caso di interventi edilizi sull’unità acquisita, nonché gli ulteriori obblighi definiti attraverso la regolazione negoziale.

  • Compravendita ed obblighi reciproci

Eventuali i contratti di trasferimento delle proprietà ad uso residenziale devono includere, a pena di nullità:

  • una descrizione accurata dei beni, dell’ubicazione e della struttura oggetto di compravendita;
  • le condizioni di godimento e le modalità concernenti l’uso di eventuali strutture comuni;
  • una descrizione accurata e appropriata di tutti i costi connessi alla proprietà dell’unità residenziale, delle modalità attraverso cui tali costi sono ripartiti, con indicazione delle spese obbligatorie, quali quelle relative ad imposte e tasse, spese amministrative e gestionali generali, nonché di quelle relative alla gestione, manutenzione e riparazione delle parti comuni del condhotel.

Deve inoltre essere inserita un’apposita clausola nella quale venga precisato che l’unità abitativa ad uso residenziale, ove non utilizzata dal proprietario, con il suo consenso, possa essere adibita da parte del gestore unico ad impiego alberghiero.

Tuttavia, essendo la proprietà inquadrata in un contesto condominiale, il regolamento di condominio deve essere rispettato anche dall’inquilino, in quanto egli subentra nella detenzione dell’immobile nella stessa posizione del condomino-locatore, sia nei diritti, ma anche, e soprattutto, nei doveri.

Similmente agli altri condomini, l’inquilino ha il diritto di usufruire delle parti comuni del condhotel ed eventualmente modificarle per un miglior godimento dell’unità immobiliare oggetto della locazione, sempre nel rispetto dei limiti posti dalla legge circa l’alterazione della destinazione di esse e dell’uso riservato agli altri condomini, ma anche in relazione al bene stesso concesso in locazione.

  • L’home restaurant

Si tratta, in sostanza, dell’esercizio di un’attività che vede trasformata la propria casa in un vero e proprio ristorante, aperto non solo a familiari e conoscenti ma anche a perfetti sconosciuti. Un’attività che si caratterizza per la preparazione di pranzi e cene presso il proprio domicilio in giorni dedicati e per poche persone, individuate attraverso app o piattaforme digitali e trattate come ospiti personali, però paganti.

A fronte di un settore che appare in forte espansione, però, il nostro ordinamento è ancora privo di una specifica disciplina normativa.

Alle problematiche legate al “vuoto normativo”, si aggiungono quelle relative al fatto che i ristoranti domestici vengono “allestiti” in abitazioni private, molto spesso, molto spesso in edifici condominiali. Non si fa fatica, quindi, a immaginare che la contemporanea presenza nell’ambito di un medesimo compresso, di unità residenziali abitative e di immobili destinati ad uso diverso – specificatamente aperta al pubblico – sia quasi certamente destinata a sfociare in una lite.

La proposta, attualmente in corso di esame in Commissione al Senato, ha come fine quello di introdurre nel nostro ordinamento una disciplina specifica per «l’attività di ristorazione esercitata da persone fisiche in abitazioni private» prevedendo altresì misure volte a “garantire la trasparenza, la tutela dei consumatori e la leale concorrenza, nell’ambito dell’economia della condivisione” e “valorizzare e favorire la cultura del cibo tradizionale e di qualità”.

  • Obbligo del gestore

Secondo la proposta in esame, il gestore deve garantire che le informazioni relative alle attività degli utenti, iscritti alle piattaforme digitali di home restaurant, siano tracciate e conservate, nel rispetto delle vigenti disposizioni in materia di trattamento dei dati personali.

Le attività di home restaurant devono essere inserite nella piattaforma digitale almeno trenta minuti prima dell’inizio dell’evento enogastronomico. La piattaforma deve conservare memoria dell’eventuale cancellazione della prenotazione del servizio prima della sua fruizione.

Le transazioni di denaro sono operate mediante le piattaforme digitali e devono avvenire esclusivamente attraverso sistemi di pagamento elettronico.

Le piattaforme digitali prevedono modalità di registrazione univoche dell’identità.

La partecipazione dell’utente fruitore all’evento enogastronomico richiede in ogni caso l’assenso da parte dell’utente operatore cuoco.

Il gestore verifica che gli utenti operatori cuochi abbiano stipulato un contratto di assicurazione per la copertura dei rischi derivanti dall’attività di home restaurant e verifica che l’unità immobiliare ad uso abitativo sia coperta da un contratto di assicurazione per la responsabilità civile verso terzi.

Il gestore verifica che gli utenti operatori cuochi siano in possesso dei requisiti di cui alla presente legge per lo svolgimento dell’attività di home restaurant, ai fini dell’iscrizione alla piattaforma digitale.

  • Requisiti dell’unità immobiliare

L’unità immobiliare deve possedere i seguenti requisiti:

  • devono possedere le caratteristiche di abitabilità e di igiene ai sensi della normativa vigente per gli immobili aventi tale destinazione;
  • si tratti di immobili in cui non siano già esercitate attività turistico-ricettive in forma non imprenditoriale o attività di locazione per periodi di durata inferiore a trenta giorni.

L’utilizzo dell’immobile per attività di home restaurant non comporta la modifica della destinazione d’uso dell’immobile medesimo.

  • Principali adempimenti e requisiti necessari

I principali adempimenti previsti e i requisiti necessari per dedicarsi all’home food sono:

  • Nuovo modulo unico SCIA, Segnalazione Certificata di Inizio Attività da presentare al Comune in cui si svolge l’attività di home restaurant (nel modello, tra l’altro, vanno indicati dati come ad esempio l’indirizzo dell’abitazione, i mq, l’eventuale presenza di parcheggi, ecc.);
  • Dimostrare di possedere requisiti morali e professionali (Come? Dimostrando di aver lavorato per almeno 2 anni negli ultimi 5 nella ristorazione, di avere un diploma inerente all’attività, come per esempio l’alberghiero, oppure, di aver frequentato un corso SAB per la somministrazione di alimenti e bevande;
  • Modulo ComUnica Camera di Commercio obbligatorio se si presenta il modello SCIA che serve ad aprire la partita IVA, posizione INPS e INAIL;
  • Piano HACCP: requisito necessario ai sensi del Reg. CE 852/04 art. 5 per tutti gli OSA;
  • Vecchio libretto sanitario: è stato sostituito dai “Corsi di formazione per alimentaristi” che ottemperano a quanto richiesto dalla normativa comunitaria;
  • Requisiti strutturali e funzionali del luogo in cui si svolge l’attività dell’home food (ad esempio, impianti a norma, possibilità di utilizzare la canna fumaria, trattamento dei rifiuti, conservazione degli alimenti)

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“Spese minori senza delibera”

In linea di principio l’amministratore di condominio può utilizzare il danaro condominiale solo previa autorizzazione dell’assemblea.
Nel caso in cui occorra eseguire dei lavori di manutenzione straordinaria urgenti, l’amministratore deve intervenire nell’ immediatezza e, successivamente, chiedere la ratifica della spesa alla prima assemblea successiva.
Se l’assemblea si rifiuta di ratificare la spesa non rimane altra via che quella di chiedere al giudice di voler accertare che si è trattato di un intervento urgente, effettuato nell’ interesse del condominio e, quindi, di voler ordinare al condominio recalcitrante di procedere al rimborso.
Infine, se l’amministratore autorizza una spesa nell’ interesse concreto del condominio senza che vi sia urgenza, in assenza di regole precise, occorrerà far ricorso al buon senso certamente non si può pretendere che l’amministratore convochi un’assemblea straordinaria se deve decidere una spesa di poche decine di euro.

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“Il revisore Condominiale”

Ad oggi nessuna norma di legge prevede specifici requisiti che il revisore condominiale debba obbligatoriamente possedere per poter svolgere tale funzione.

Detto questo, però, si ritiene comunque necessario che l’incarico sia buona cosa attribuirlo ad un professionista con particolari conoscenze in materia data la complessa disciplina che la riforma del 2012 ha introdotto rispetto al rendiconto condominiale.

Oggetto di revisione possono essere uno o più esercizi finanziari che dovranno essere indicati dall’assemblea (o dall’autorità giudiziaria) al momento della nomina del revisore, che può avvenire in qualsiasi momento, indipendentemente da eventuali irregolarità contabili già riscontrate o presunte.

La nomina del revisore avviene con le maggioranze previste per la nomina dell’amministratore ed il suo compenso è ripartito fra tutti i condomini in proporzione ai millesimi di proprietà.

L’attività del revisore concerne principalmente un controllo sulla contabilità che potrà essere più o meno penetrante a seconda delle specifiche situazioni in cui costui si trova ad operare.

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